Non scrivo da un po'... vero, ma quando si è in giro si tende a vivere appieno i luoghi che si visitano, per cui il tempo per aggiornare il blog si riduce. Anche perchè non sempre si trova la connessione internet.... Nel deserto, per esempio, si vivono esperienze incredibili e il tempo perde
il suo valore abituale. Quello è un luogo che ti trasporta in una dimensione surreale... Non esistono più confini, ma solo cielo e terra a perdita d'occhio. Una grande distesa dorata o rossa, talvolta interrotta da onde, da colline... fatte di sabbia! E poi quando scende la notte... Il cielo è di un blu intenso illuminato dal chiarore delle stelle e se lo osservi intensamente (tanto non puoi farne a meno), noti questa cupola ogivale infinita e dai spazio ai tuoi pensieri che volano in libertà...
In una di quelle notti è nato questo racconto...
NEL DESERTO NON NASCONO FIORI
“Perché piangi, piccola?”, chiese la nonna,
“Piango perché ho paura”, rispose Fadwa,
“Perché hai paura?”, insistette la nonna, ma Fadwa non rispose e continuò a piangere lacrime silenziose che scorrevano sulle sue giovani guance di adolescente.
Accoccolata su un masso Fadwa continuava a fissare tristemente l’orizzonte che si perdeva nel deserto del Negev.
Amava sedere in quel luogo, da lì poteva vedere una parte più ampia del piccolo mondo che si muoveva a Beer Sheva, la piccola cittadina, dove si racconta che vengano parlati almeno una settantina di idiomi, talmente tante sono le etnie che ci vivono.
In quel lembo di terra, vivono arabi ed israeliani, ma purtroppo la loro convivenza non è pacifica.
La nonna, si era fermata poco lontano, e pensierosa osservava la nipote. Salwa, questo era il nome dell’anziana donna, cercava di capire cosa stesse succedendo alla nipote che non aveva mai visto così prostrata. Poi, con fare lento si incamminò verso la loro casa, con una tristezza pesante che le si aggrappava addosso ad ogni passo che faceva. Intuiva e temeva. Ma tacque.
Rientrò in casa e andò ad occuparsi delle faccende domestiche che incombevano sulle donne della famiglia, sua nuora Yusra, stava preparando le verdure che avrebbero mangiato a cena, mentre l’altra nipote, Selma, già sedicenne, stava aiutando la madre. Salwa, si occupò della carne, che iniziò a tagliare e speziare per poi cuocerla. Nessuna delle donne parlò. Lavoravano in silenzio,
alacremente, come se ciascuna tentasse di non pensare. A tante cose, a troppe cose. Restarono in silenzio, finché Fadwa rientrò. Sua madre, Yusra, la osservò con un’intensità particolare, nella semioscurità della casa, interrotta dal filtrare dei raggi solari che la porta ancora semiaperta lasciava filtrare, poi rivolgendosi a sua suocera, disse “Non trovi che ogni anno che passa assomiglia sempre più a Farida?”, Salwa si limitò a lanciarle un’occhiata infastidita e non rispose. Il suo non era vero fastidio, ma il tentativo di scacciare un dolore che ancora le lancinava le carni. Farida era la sua figlia più piccola. La più bella. La più dolce. Sorrideva sempre. L’anziana donna ricordò il suo viso angelico, che tale le era apparso fin dalla sua nascita. Fu per questo che le imposero il nome di Farida, che significa Perla Rara. Ma non voleva inabissarsi nel ricordo doloroso di quella sua figlia sfortunata. Quasi con rabbia piantò il coltello nella carne che stava preparando, spaventando la nuora e la nipote più grande. Entrambe capirono che pronunciare il nome della sua figlia perduta aveva provocato nuovo dolore a Salwa. Fadwa si avvicinò alle altre donne e si mise ad aiutare. Essendo la più piccola le toccavano le incombenze di minor importanza, come svuotare i secchi, pulire i ripiani dove erano stati accumulati gli scarti delle verdure, le bucce della frutta, e i rimasugli della carne. Ma a lei non importava, aveva buon carattere e non si adombrava mai. Ultimamente, però, sembrava vivere sospesa a metà fra il cielo e la terra, come prigioniera di pensieri lontani, incomprensibili alla madre ed alla sorella, ma temibili per la nonna, che percepiva qualcosa di negativo. Però, taceva.
Selma aveva voglia di scherzare. E canzonò la sorella, con una battuta antica, che quasi sempre coglie nel segno.
“Fadwa è innamorata!”, disse ridacchiando per vedere la reazione della sorella, che reagì in modo strano. Non ribatté nulla e gli occhi le si riempirono di lacrime. Il turbamento della nipote non lasciò indifferente nessuno, men che meno la nonna.
Salwa non disse nulla, ma seguì con la coda dell’occhio ogni piccolo gesto di Fadwa. Con il passare dei minuti l’anziana donna sentiva incombere su loro un pericolo oscuro e minaccioso. Ma tacque. Nessuna parlò, ne fece menzione dell’accaduto quando rientrarono gli uomini. Il padre ed i fratelli di Fadwa tornavano dal lavoro nel bazar, dove da anni la loro famiglia traeva sostentamento. Prima di loro il padre del padre e così via. Questa fortunata attività aveva permesso loro di vivere abbastanza bene, di predisporre una buona dote per le figlie che ben presto sarebbero andate spose di giovani scelti con cura dalla famiglia.
Durante la cena gli uomini parlarono di affari e commentarono i fatti del giorno. Non c’era un gran ché di cui parlare in quello sperduto angolo di mondo.
Le donne ascoltavano dal loro angolo, perché naturalmente, potevano solo servire gli uomini, ma non sedersi a tavola con loro, né tantomeno esprimere le loro opinioni.
Quando gli uomini si spostarono a fumare il narghilè le donne sistemarono la cucina ed andarono a dormire. Fu in quel momento che Salwa chiamò la nipote, accusando dei dolori alla schiena e chiedendole aiuto per andare a letto. Quando furono sole nella stanza dell’anziana donna, Fadwa capì che la nonna voleva parlare con lei da sola. Non fu sorpresa quando Salwa le domandò chi fosse il ragazzo di cui si era innamorata. Nemmeno la nonna si sorprese nel sentire la risposta… Purtroppo lei questa storia l’aveva intuita, perché la conosceva già. Fadwa si sentì sollevata nel confidare la verità a sua nonna “Lo amo! Capisci? Lo amo!”,
“Piccola mia, è un errore e tu lo sai. Tuo padre ed i tuoi fratelli non acconsentiranno mai. E nel caso impossibile che la tua famiglia possa accettare, la sua non ti accetterà mai. Lui è un soldato israeliano e tu una piccola ragazza araba”, spiegò Salwa,
“Lui mi ama, nonna. Ne abbiamo parlato. Lo sappiamo. Ma non ci importa. Noi ci amiamo e non possiamo farne a meno”, disse risoluta Fadwa,
“Ascolta almeno quanto ho da dirti, piccola mia”,
“Si, nonna, ti ascolto”, disse tristemente Fadwa,
“Ti racconterò qualcosa che è successo tanto tempo fa. E’ parte della storia della nostra famiglia. Io ero molto più giovane ed avevo ancora quattro dei miei sei figli. Dei miei figli è sopravvissuto solo tuo padre. Due maschi morirono prima di compiere i dieci anni, durante la Guerra dei Sei Giorni. L’altro figlio morì combattendo per la causa Palestinese. Aveva vent’anni. Halima, tua zia si sposò a quattordici anni e morì di parto l’anno successivo. Farida la mia figlia più piccola mi leniva le ferite e mi scaldava il cuore con il suo sorriso luminoso… Tu le assomigli molto… Pregavo perché lei vivesse e potesse essere felice, ma non fu così….”, Salwa interruppe il racconto perché il dolore le attanagliava la gola e le impediva di continuare,
“Continua nonna, ti prego”, la invitò con dolcezza Fadwa,
“Erano anni terribili. Sono anni terribili. Sembra che tutto sia rimasto uguale, ma solo le facce sono cambiate… Farida, tua zia, la più giovane delle mie figlie, cresceva bene e diventava sempre più bella. Raggiunse l’età da marito. Aveva quattordici anni e mio marito, tuo nonno, per lei aveva scelto un giovane del paese. Un ragazzo che discendeva da una famiglia onorata e rispettata. Venne concordato il matrimonio e iniziammo a predisporre i preparativi. Lei sembrava indifferente, disinteressata. Io stessa non ne capivo la ragione. Finché una notte, Aasim, tuo padre di un anno maggiore di lei, scoprì che non era nel suo letto a dormire. Venne da me… Perché anche lui amava profondamente Farida e se avesse chiamato tuo nonno, lei sarebbe stata perduta. Non sapevamo cosa pensare, né cosa fare. Aspettammo e quando lei tornò non sapevamo se sentirci sollevati o disperati. Un comportamento del genere aveva gettato il disonore sulla nostra famiglia. Oltre a noi due chi altri sapeva? Fu lei stessa a dircelo. Si era incontrata con Amos, il suo grande amore. Non poteva vivere senza di lui. E nemmeno lui senza lei. Parlammo a lungo quella notte cercando di convincerla dell’errore in cui era caduta. Non sentiva ragioni. Non avrebbe mai rinunciato ad Amos…. Non potemmo aiutarla. Le lasciammo un paio di giorni per riflettere e poi avremmo messo al corrente mio marito… Quello fu un errore tragico che non potrò mai perdonarmi…. La notte successiva, Farida, uscì dalla nostra casa, per andare ad incontrarsi con il suo amante israeliano… Fu l’ultima volta che la vidi… Perché….”, Salwa scoppiò a piangere e nemmeno la nipote riusciva a calmarla, né con le parole né con i gesti affettuosi. Pianse quasi fino allo stordimento prima di continuare il racconto.
“Nonna, vuoi raccontarmelo un’altra volta?”,
“No. Ora. Non posso perdere altro tempo. Devi ascoltarmi! Quando Farida uscì per l’ultima volta dalla porta di questa stessa casa per andare ad incontrare Amos, sorrideva con quel suo sorriso luminoso. Era felice, perché pensava di volare dal suo amore. Andò da lui, ma qualcuno la seguì. Li sorpresero insieme e li ammazzarono…. Sento ancora echeggiare gli spari nell’aria… Ogni notte quando salgo in questa stanza… Qualcuno, non si è mai saputo chi, li aveva scoperti ed aveva deciso di lavare l’onta con il sangue…”,
“Qualcuno, chi? Il nonno, per forza… E tu?”,
“Io ero solo una povera donna. Non dobbiamo dimenticare che siamo soltanto donne…”.
Fadwa, da tempo aveva intuito la storia che la nonna le aveva raccontato quella notte e molte volte si era chiesta come avrebbe reagito la sua famiglia. Si era risposta che lo avrebbe scoperto il giorno in cui sarebbe fuggita con Rabi…
Quando la nonna ebbe terminato il racconto della vita della povera Farida, Fadwa cercò di rassicurarla e le promise che avrebbe riflettuto sulla sua scelta. Ma la ragazza mentiva, sapendo di farlo, perché lei aveva già deciso. O avrebbe amato Rabi o sarebbe morta.
Il giorno seguente si alzarono e nonna e nipote si comportarono come se non fosse successo nulla. Tutto scorreva tranquillo. La calma sembrava essere tornata in quella casa, però, Salwa non si sentiva soddisfatta. In cuor suo sperava di aver convinto la nipote, ma non ne era poi così certa. Lo scorrere lento dei giorni sempre uguali sembrava darle torto… Passarono alcune settimane e poi un paio di mesi dalla notte delle confidenze. Fadwa sembrava tornata alla spensieratezza di molto tempo prima. Ma, Salwa non era convinta, avrebbe voluto sapere, ma si guardava bene dal fare domande alla nipote, nel timore di risvegliare il sentimento sopito. Tacque. Tacque. Tacque…
Il ricordo della figlia morta continuava a tormentarla. Non riusciva più a scacciare dalla sua mente i pensieri dolorosi che la soffocavano. Dalla notte in cui aveva raccontato la verità a Fadwa, non aveva più avuto pace. E avvertiva, sottile un timore oscuro….
Le sue sensazioni trovarono conferma un triste mattino. Si era alzata presto come aveva sempre fatto. Era scesa in cucina e poco dopo era stata raggiunta dalla nuora e da Selma, la nipote più grande. Erano visibilmente sconvolte. Subito non capì. Poi, un tremolio la scosse da capo a piedi. Trovò soltanto un filo di voce per domandare “Fadwa?”, Yusra scosse il capo in cenno di diniego e cominciò a singhiozzare, mentre Selma restava in silenzio. Pallida e tremante.
“Dov’è”, chiese ancora la nonna,
“Non lo sappiamo”, rispose Selma,
“Dobbiamo coprire la sua fuga e ritrovarla”, disse risoluta la nonna,
“Dovremo fare in fretta”, concluse Selma.
Si vestirono per uscire ed andarono a cercarla, ma non la trovarono.
Dovettero informare gli uomini della famiglia.
Aasim sembrò folgorato dalla notizia e con grande tristezza disse soltanto “La storia si ripete. Oggi come ieri perderò qualcuno che amavo”.
Per molti giorni non seppero nulla di Fadwa. Finché giunse un uomo a casa loro. Un forestiero. Diceva di aver viaggiato molto per trovare la loro famiglia e che portava una triste notizia.
Lo fecero entrare e sedere nella sala dove ricevevano le visite. Gli offrirono del te ed ascoltarono l’uomo “Ho incontrato due giovani. Ho offerto loro da mangiare e da bere. Mi hanno raccontato la loro storia. Si amavano e non potevano vivere l’uno senza l’altra. Mi avevano commosso, perché un amore così grande e così vero, io non lo avevo mai visto prima. Né mai più lo vedrò…. Mi chiesero di informare le rispettive famiglie se fosse successo loro qualcosa. Temevano di essere uccisi. Perché lui aveva disertato per fuggire con lei. E non potevano andare insieme, né da una famiglia, né dall’altra. Mi dissero “I tempi e le nostre famiglie non sono ancora pronti ad accettare l’amore fra una ragazza araba ed un ragazzo israeliano. Noi siamo pronti ad accettare il futuro che il destino, non il mio Dio o il suo, ma il destino, ci ha riservato. Ora siamo insieme e non abbiamo più paura di nulla”. Se ne andarono. Non passo molto tempo, quando sentii delle raffiche di mitra… Poi, il silenzio, corsi nella direzione degli spari… Vidi la loro jeep crivellata di colpi ed i loro giovani sorrisi spenti per sempre!
E' un racconto di pura fantasia... Ma il deserto ispira ...