martedì 28 febbraio 2017

28 FEBBRAIO 2017

Carnevale.... Tempo di maschere, costumi, burlesque, grottesco, satira, allegoria, fasto, festa e... chi più ne ha più ne metta! Seguiteci su Radio Italia 1....

                                                                     VIAREGGIO

La prima sfilata di carrozze addobbate a festa nella storica Via Regia, nel cuore della città vecchia, è datata 1873. Fu la prima edizione del grande spettacolo che è oggi il Carnevale di Viareggio. L’idea di una sfilata per festeggiare il Carnevale sbocciò tra i giovani della Viareggio bene di allora che frequentavano il caffè del Casinò. Era il 24 febbraio 1873 e si pensò ad una sfilata per il giorno successivo, Martedì Grasso. Da quel primo nucleo si è sviluppato il Carnevale di Viareggio così come oggi è conosciuto: evento spettacolare tra i più belli e grandiosi del mondo. La fama del Corso Mascherato di Viareggio è cresciuta di pari passo con la crescita delle dimensioni dei carri allegorici. Sul finire del secolo comparvero in sfilata i carri trionfali, monumenti costruiti in legno, scagliola e juta, modellati da scultori locali ed allestiti da carpentieri e fabbri che in Darsena lavoravano nei cantieri navali. Grazie al trasferimento del circuito delle sfilate dalla Via Regia alla Passeggiata a mare, all'inizio del Novecento, lo spettacolo del Carnevale di Viareggio poté godere di un palcoscenico straordinario, quanto spazioso che stimolò la fantasia e la creatività dei Maestri carristi. Neppure la prima guerra mondiale riuscì a distruggere la manifestazione. Che si fermò, ma poi riprese i suoi festeggiamenti.

Nel 3° Corso (o sfilata), uno dei carri più carismatici e carichi div significato è quello dell'orsa polare, che furibonda tenta di proteggere i suoi cuccioli dalla distruione del pianeta...

Uno dei luoghi, dove si respira l'atmosfera Liberty è Bagni Balena, stupendi, anche se il grado di conservazione non è ottimale e l'altro è il caffé Margherita...

Infine, assaggiare qualcosa della tradizione locale non può mancare....

LA RIBOLLITA

La Ribollita è per eccellenza un piatto tradizionale toscano conosciuto in tutto il mondo. Deriva dalla tipica zuppa di pane raffermo e verdure della Toscana, in particolare nella Bassa Val di Serchio, nella Piana di Pisa, nella zona di Firenze e Arezzo. È un tipico piatto di origine contadina, il cui nome deriva dal fatto che un tempo veniva cucinato in grandi quantità il venerdì, e veniva poi ribollito in padella nei giorni successivi pronta per essere mangiata durante il weekend. Da qui il nome di ribollita; la vera zuppa ribollita si riscalda due volte, altrimenti si confonderebbe con la zuppa di pane e verdure (conosciuta come minestra di pane).
Come tutte le altre zuppe di verdura anche la ribollita diventa sempre più gustosa ogni volta che viene ribollita sul fuoco.
Gli ingredienti fondamentali sono il cavolo nero e i fagioli (borlotti, toscanelli o cannellini). La ribollita è un piatto invernale di aspetto semisolido. Per rendere migliore la zuppa è necessario che il cavolo nero abbia "preso il ghiaccio", che sia passato cioè da una o più gelate invernali che ne abbiano ammorbidito le foglie.

Difficoltà: Media -  Tempo di cottura: 3h - Tempo di preparazione: 30m
Ingredienti: Sedano - Carote - Cipolla - Cavolo nero - Cavolo verza - Bietole - Fagioli cannellini -
Pane raffermo toscano - Sale - Pepe - Olio d’oliva - Rosmarino

Preparazione: Cuocere i fagioli cannellini a parte e mettere via. Preparare un brodo e mettere via. Mettere a soffriggere sedano, carote e cipolla. Aggiungere i cavoli e la bietola e aspettare che appassiscano. A quel punto aggiungere il brodo precedentemente preparato e lasciare cuocere il tutto per tre ore. Quasi a fine cottura aggiungere i fagioli e lasciare cuocere per mezz'ora con anche il rosmarino. La zuppa va ribollita con aglio e rosmarino nel forno a legna in un tegame con un fondo spesso per evitare che si attacchi e si bruci al fondo. Alla fine aggiungere il pane raffermo tagliato a pezzi e aggiungere un filo di olio extra vergine d'oliva toscano a crudo con una spruzzata di pepe.






 




martedì 21 febbraio 2017

21 FEBBRAIO 2017

E oggi, dalle frequenze di Radioitalia1 parliamo della Festa Occitana più famosa della Val Varaita.

                                                                   LA FESTA DI BAHIO

La bahìo è una festa tradizionale che si svolge ogni cinque anni (la prossima edizione nel 2022) nel comune di Sampeyre, in Valle Varaita, nella provincia di Cuneo, nelle prime settimane di febbraio.

                                                                 Le origini e la tradizione
Le origini di questa festa sono molto antiche, risalenti attorno al 975 o al 980, quando le squadre di saraceni che erano penetrate nella valle per saccheggiarla vennero scacciate dalla popolazione locale. La festa è quindi commemorazione della cacciata degli invasori musulmani, anche se alcuni hanno messo in dubbio quest'ipotesi, forse diffusa nel XVIII secolo per ragioni turistiche.
La Bahìo è composta da quattro cortei (o "eserciti"), provenienti dal capoluogo e da tre sue frazioni: Sampeyre (Piasso), Rore (Rure), Calchesio (Ciucieis), e Villar (Vilà). Per tradizione al corteo partecipano solo gli uomini di ogni borgata, esibendosi con i complicati costumi tessuti dalle donne del borgo e interpretando anche i ruoli femminili.
I festanti si esibiscono nella courento, nella gigo, nella curento, nella courento di custiole, nella countrodanso, nella tresso, nella bureo d'San Martin, nel mulinet', nella vieio, nella meschio e nella cadrio.

                                                                           Il copione
Le uscite e gli incontri delle diverse Bahìo seguono un copione preciso dettato dalla tradizione:
la seconda domenica precedente al giovedì grasso i quattro cortei sfilano nella propria borgata, tranne la Bahìo di Calchesio che si reca a Sampeyre per incontrare il corteo di Piasso;
la domenica seguente le varie Bahìo partono alla volta di Sampeyre dove avviene l'incontro solenne: gli Abà si scambiano un saluto con le spade, e sfilano fino alla piazza dove si formano quattro gruppi di ballo con i rispettivi suonatori; durante la processione del corteo si incontrano delle barriere formate da tronchi che simboleggiano gli ostacoli lasciati dai saraceni durante la fuga: esse vengono abbattute dai sapeurs ("zappatori", in occitano, e "guastatore", in francese) con delle asce e si svolgono ballo e rinfresco;
nel giorno del giovedì grasso, tutte le Bahìo a eccezione di quella del Villar sfilano nuovamente a Sampeyre per poi tornare alla propria borgata, dove avviene la chiusura della festa con il processo al tesoriere. Egli, infatti, cerca di scappare con la cassa grazie all'aiuto di un segretario, ma viene tradizionalmente acciuffato e processato: graziati dalle bahio di Sampeyre, Rore e Calchesio, a Villar vengono giustiziati.

La Bahio di Sampeyre incontra quella di Roure

E può mancare una ricetta tipica delle valli occitane? Nooooooooooo... Eccola:

                                                         Minestra verde di fiori

Lavare e mondare le erbe. Cuocerle in acqua salata con il lardo, le patate e la cipolla per circa 25 minuti. Passarle al passaverdura. Aggiungere il riso e cuocere per altri 20-25 minuti.

Ingredienti per 6 persone:15 piantine di margheritine con la radice 15 piantine di viole con la radice 15 piantine di primule con radice 20 foglie di fragoline 20 foglie di puntine di rovo 20 puntine di luppolo 20 puntine di ortiche 5/6 piantine di tarassaco 1 mazzolino di prezzemolo 1 cipolla 3 patate 1 pezzettino di lardo (o 1 costina di maiale) 4 etti di riso sale



martedì 14 febbraio 2017

14 FEBBRAIO 2017

Oggi.... San Valentino.

La festa di san Valentino ricorre annualmente il 14 febbraio, ed oggi è conosciuta e festeggiata in tutto il mondo. È molto probabile che le sue origini affondino nel IV secolo, per sostituire la festa pagana dei Lupercalia, gli antichi riti pagani dedicati al dio della fertilità Luperco: questi riti si celebravano il 15 febbraio e prevedevano festeggiamenti sfrenati ed erano apertamente in contrasto con la morale e l'idea di amore dei cristiani. In particolare il clou della festa si aveva quando le matrone romane si offrivano, spontaneamente e per strada, alle frustate di un gruppo di giovani nudi, devoti al selvatico Fauno Luperco. Anche le donne in dolce attesa si sottoponevano volentieri al rituale, convinte che avrebbe fatto bene alla nascita del pargolo. In fondo, ad alleviare il dolore bastava lo spettacolo offerto dai corpi di quei baldi giovani, che si facevano strada completamente nudi o, al massimo, con un gonnellino di pelle stretto intorno ai fianchi. Per "battezzare" la festa dell'amore, il Papa Gelasio I nel 496 d.C. decise di spostarla al giorno precedente - dedicato a San Valentino - facendolo diventare in un certo modo il protettore degli innamorati.
Tale tradizione fu poi diffusa dai benedettini, primi custodi della basilica dedicata al santo in Terni, attraverso i loro monasteri prima in Italia e quindi in Francia ed in Inghilterra. Molte tradizioni legate al santo sono riscontrabili nei paesi in cui egli è venerato come patrono.
La figura di Valentino come santo patrono degli innamorati viene tuttavia messa in discussione da taluni che la riconducono a quella di un altro sacerdote romano, anch'egli decapitato pressappoco negli stessi anni.

Qual'è a città italiana dove festeggiare questa data?

Ma Verona naturalmente. Fu terra natia e scenario della storia d'amore forse più famosa del mondo......................  ROMEO e GIULIETTA

Una storia tenerissima fra due adolescenti, che si incontrano per caso o per volere del destino e si amano da impazzire. Nell'impulsività giovanile ci sta anche l'errore e la distrazione nell'assunzione del veleno che li porterà alla morte precoce. Ad imperitura testimonianza della loro dolce storia d'amore i veronesi hanno reso la casa, dove è vissuta Giulietta Capuleti, un museo ed hanno creato il balcone descritto da Shakespeare basandosi sulle immagini di quello utilizzato in un film americano sulla vicenda nei lontani anni '20.

Ma Verona non è solo il balcone di Romeo e Giulietta... E' una romantica passeggiata sull'Adige, l'apericena in piazza Bra, l'opera nel periodo estivo all'Arena, il Duomo, la cattadrale di San Zeno e tanti ristoranti e trattorie dove scoprire sapori tradizionali della zona...

martedì 7 febbraio 2017

7 FEBBRAIO 2017

Oggi.... Milano...

Una cattedrale come il Duomo, dedicato a Santa Maria Nascente, situata nell'omonima piazza, nel centro della metropoli. Per superficie è la terza chiesa cattolica nel mondo dopo San Pietro in Vaticano e la cattedrale di Siviglia. È la cattedrale dell'arcidiocesi di Milano ed è sede della parrocchia di Santa Tecla nel Duomo di Milano.
Lo stile del Duomo, essendo frutto di lavori secolari, non risponde a un preciso movimento, ma segue piuttosto un'idea di "gotico" mastodontico e fantasmagorico via via reinterpretato. Nonostante ciò, e nonostante le contraddizioni stilistiche nell'architettura, il Duomo si presenta come un organismo unitario. La gigantesca macchina di pietra infatti affascina e attrae l'immaginazione popolare, in virtù anche della sua ambiguità[10], fatta di ripensamenti, di discontinuità e, talvolta, di ripieghi. Anche il concetto di "autenticità" gotica, quando si pensa a come in realtà gran parte delle strutture visibili risalga al periodo neogotico, per non parlare delle frequenti sostituzioni, è in realtà una storpiatura della stessa essenza del monumento, che va visto invece come un organismo architettonico sempre in continua e necessaria ricostruzione.
Il duomo ha una pianta a croce latina, con piedicroce a cinque navate e transetto a tre, con un profondo presbiterio circondato da deambulatorio con abside poligonale. All'incrocio dei bracci si alza, come di consueto, il tiburio. L'insieme ha un notevole slancio verticale, caratteristica più transalpina che italiana, ma questo viene in parte attenuato dalla dilatazione in orizzontale dello spazio e dalla scarsa differenza di altezza tra le navate, tipico del gotico lombardo.
La struttura portante è composta dai piloni e dai muri perimetrali rinforzati da contrafforti all'altezza degli stessi piloni. Questa è una caratteristica che differenzia il duomo milanese dalle cattedrali transalpine, limitando, rispetto al gotico tradizionale, l'apertura dei finestroni (lunghi e stretti) e dando all'insieme (a eccezione dell'abside) una forma prevalentemente "chiusa", dove la parete è innanzitutto un elemento di forte demarcazione, sottolineata anche dall'alto zoccolo di tradizione lombarda. Viene così a mancare lo slancio libero verso l'alto. Ciò è evidente anche se si considera che guglie e pinnacoli non hanno funzione portante, infatti vennero sporadicamente aggiunti nel corso dei secoli, fino al completamento del coronamento nel XIX secolo. Una delle statue artisticamente definibile quasi perfetta è quella di San Bartolomeo Scorticato...

E non per non farci mancare nulla... La Ricetta...

Pàan triit maridàat (Pane tritato maritato)
 



E’una minestra leggendaria ed eccezionale per bontà e semplicità di esecu­zione della cucina povera (uova, pane secco, brodo, burro e grana).

Il pane secco tritato (in casa, naturalmente) è trasformato in una sorta di polentina liquida versandolo nel brodo e mescolando con energia. Si cuoce per una decina di minuti aggiungendo al brodo il burro. Si sbattono le uova (uno per porzione) in una zuppiera e vi si versa so­pra la polentina di pan grattato. Si condisce il tutto con formaggio grana.

Buon Appetito!

31 GENNAIO 2017

E oggi..... Aosta.

                                                                 Alla Fiera di Sant'Orso

È dedicata all'omonimo santo (monaco eremita d'origine irlandese e vissuto ad Aosta, morto nel 529) e celebrato il 1º febbraio, al quale fu altresì dedicata la Collegiata omonima presso il capoluogo, fondata intorno all'anno 1000 sui resti di una preesistente basilica paleocristiana. Così lo stesso anno fu per convenzione scelto anche come anno di nascita della fiera stessa. Nella tradizione, la fiera è conosciuta semplicemente come "la foire" o "la millenaria"; oggi vi partecipano più di mille artigiani.
La manifestazione è anticipata dalla Foire de Saint-Ours de Donnas, che ha luogo nel borgo storico del vicino paese di Donnas, in bassa Valle d'Aosta, due settimane prima, a metà gennaio. Questo evento è definito localmente la "petite foire" (in francese, la "piccola fiera").
Tradizionalmente, il gesto che dà inizio alla foire è il dono che il santo fece ai poveri della città, dei tradizionali sandali "sabot", proprio nella zona della collegiata. Aosta festeggia quindi per due giorni, partendo dalla piazza principale Émile Chanoux, con eventi, rievocazioni ed esposizioni di artigianato tradizionale e prodotti tipici. Queste tradizionali ricorrenze, alla sera, in Valle d'Aosta, prendono in patois valdostano il nome di "veillà" (= veglia).
ProverbioIn patois valdostano, un proverbio descrive la tradizione secondo cui se il giorno di Sant'Orso (1º febbraio) il tempo è bello, l'orso si gira nel suo pagliericcio e dorme ancora per 40 giorni, il che significa che farà brutto per i 40 giorni successivi.
Se feit cllier lo dzor de sèn-t-Or, l'or baille lo tor et dor euncò pe quarenta dzor.

                                                                     E... la Ricetta...

                                                             Seupa à la Vapelenentse

Ingredienti (per 4 persone) 

1 litro e mezzo di brodo di carne
1 verza
4 etti di fontina
mezzo kg di pane bianco (casereccio) tagliato a fette
cannella in polvere
150 grammi di burro.

Preparazione

In una pirofila, disponete a strati il pane e la fontina, terminando con lo strato di fontina.
Fate bollire la verza nel brodo di carne. Aggiungete il brodo sul pane e attendete che il tutto si ammorbidisca, aggiungendo poi il burro fuso (molto caldo) sull’ultimo strato. Spolverate con cannella; passate in forno già caldo (200-220°) e lasciate cuocere per circa 40 minuti, fino a quando la fontina non diverrà dorata, iniziando a formare una crosta. Servitela calda.

Vino consigliato

Arnad Montjovet, servito a 18 C°.

Sagra della “Seupa à la Vapelenentse”